giovedì 29 ottobre 2009

Terme

In questi giorni abbiamo pensato con i nostri amici che potremmo passare Capodanno alle terme del Calidario, un bagno all’aperto con l’acqua a 38 gradi il 31 dicembre sera non mi sembra niente male.
Parlando di terme mi sono tornate in mente le mitiche vacanze con la Simo a Monsummano.
Qualche anno fa mi aveva convinta ad andare una settimana con lei in vacanza a farci massaggiare il culo e da allora ci siamo andate per 3 o quattro anni di seguito a parte la botta di vita a Londra per i suoi quaranta anni.
Aspettavo quella settimana sempre con ansia. Simo arrivava a prendermi con la sua Ford Ka di quindici anni la domenica pomeriggio, salutavo marito e cane e partivamo. Arrivavamo all’hotel dopo circa un paio di ore e parcheggiavamo di fianco alla macchina più scalercia che trovavamo, di solito una Porche Carrera. A quel punto facevamo il nostro ingresso nel paese dei balocchi e non ne saremmo più uscite per una settimana.
Alla mattina sveglia verso le 8.30, colazione abbondante e ora di ginnastica. Un anno c’era un istruttore che era un figo spaziale, noi entravamo in palestra con le cispi agli occhi cercando di sfoggiare un minimo addominale, ma crollavamo alla prima flessione celando in malo modo un rutto e maledicendo quel chilo e mezzo di marmellata che ci eravamo appena mangiate. Finita l’ora di ginnastica tornavamo in camera e ci mettevamo la mitica cappetta di cotone, la vestaglia da ospedale e ci avventuravamo nella grotta termale. Meravigliosa. Una grotta naturale a circa 35 gradi e con un’ umidità del 99%. La prima volta, appena entrata, pensavo mi sarebbe venuto un attacco di panico. La grotta è divisa in 3 zone, paradiso, purgatorio e inferno. Noi stavamo all’inferno. Stai lì 50 minuti in silenzio e sudi come Galeazzi quando fa la telecronaca di una gara di canottaggio. Quando ci andava veramente di culo eravamo sole o con altre 3 o 4 persone. Poi c’erano i giorni sfigati. Una volta per esempio avevo uno di fianco che si tirava dietro una puzza di piedi devastante, un’altra volta, invece, avevo davanti uno che ha passato tutti i cinquanta minuti a grattarsi i coglioni sotto la cappetta. Io tipicamente ero nuda sotto la cappetta perché in quelle condizioni anche un filo interdentale in mezzo alle chiappe ti fa caldo. Da qui il mio soprannome Sharon.
Finiti i 50 minuti di grotta si andava a fare la doccia idrogetto. Entri in una stanza che ricorda molto i lager che si vedono nei documentari, ti metti sotto il doccione e una inserviente ti spara da due metri di distanza un getto d’acqua ad una pressione impressionante che ti scaraventa contro il muro. Questo per rigenerarti. Io ci andavo spesso in costume, la Simo una volta si e’ presentata in perizoma di pizzo e il docciaro, che era un ometto sui 55 anni, per tutti i giorni successivi ci ha salutate ammiccando.
Distrutte dopo la doccia ci trascinavamo in sala relax per una ventina di minuti e poi massaggi. Ne abbiamo provati di tutti i tipi, anti-stress, aroma, svedesi, ayurvedici, tonificanti, shatzu. La Simo, avendo già avuto esperienza alle terme, mi aveva consigliato di scegliere l’unico massaggiatore uomo. Mi ricordo che quando aveva prenotato aveva chiesto espressamente di essere massaggiata da lui e dalla direzione le avevano risposto “Relativamente ai massaggi, mi sembra di ricordare che avesse una preferenza per un nostro terapista. Se desidera informarci faremo del nostro meglio per soddisfare la Sua richiesta.”
Avevano poi soddisfatto la nostra richiesta.
Il mitico fisioterapista era veramente bravo, aveva solo il difetto che quando ti giravi di schiena ti calava quella specie di mutande di carta per massaggiarti meglio. Inizialmente l’istinto era quello di stringere le chiappe ma poi il relax prendeva il sopravvento.
Pranzo veloce e poi pomeriggio nella stramitica piscina termale, con quegli idromassaggi che ti sparano acqua da tutte le parti e che ti rimettono anche un po’ in circolo l’ormone.

Alla sera ci presentavamo a cena alle 19.30 in punto. Spesso la sala era ancora chiusa e quando la aprivano ci trovavano spiaccicate alla tenda di ingresso, sbavanti e intente ad ammirare il menù. Si mangiava da Dio, antipasti, primi, secondi e dolci fantastici. Ingurgitavamo tutto in meno di mezzora e poi, gonfie come dei tacchini, ci trascinavamo nei salotti dell’albergo per poi crollare in camera poco dopo.
L’ultimo giorno si passava poi allo Slitti a fare una scorpacciata di cioccolata.
Quando tornavo dalle terme avevo sempre un paio di chili in più ma una serenità e una rilassatezza interiore veramente unica.

E’ un po’ di anni che non ci torniamo ….. Francini, è l’ora di riprendere le nostre abitudini, organizzati.

martedì 27 ottobre 2009

Vita di coppia

Domenica, verso le 18.30 stavo tornando a casa in macchina con mio marito. Eravamo con la mia Yaris nera e guidavo io. Era buio. Lungo la strada mi sono fermata ad una profumeria per prendere shampoo e lamette da barba. Torno in macchina, metto in moto, ingrano la retromarcia senza accorgermi che la portiera lato mio marito era aperta. A quel punto una persona normale ha i riflessi per chiudere la portiera, uno mezzo normale urla e dice "occhio", "attenzione", "frena" una qualsiasi cazzo di parola che attiri l'attenzione del guidatore. Mio marito invece dice, con calma flemmatica, "questa ce la portiamo a casa cosi' come e'?" che di per se non ha senso figuriamoci in quel contesto. Appena e' arrivato a "portiamo" ho centrato un panettone di cemento che ha divelto la porta. A quel punto ha iniziato ad imprecare, la colpa ovviamente era mia che ero partita con la porta aperta. MA SECONDO TE ME NE ERO ACCORTA???? Allora mi e' tornato in mente quella volta che era in moto con Nicola. Lui era dietro, Nicola era alla guida con la testa girata un po' indietro per parlare con lui. Spunta un camion. A quel punto una persona normale urlerebbe "occhio", "attento", "frena", "camion". Mio marito invece disse "E' duro, e' molto duro". SBANGG @!&^&@$(@^^^*&(&^%

Ieri sera siamo usciti dal lavoro e siamo andati a fare la mitica ablazione del tartaro. Appena mi ha aperto la bocca la dentista mi ha detto "e che e' il muro di Berlino?". Vergogna. Comunque finisco verso le 21. Arriviamo a casa dopo mezzora distrutti e affamati. Mio marito mette a scaldare una minestra precotta, io mi giro verso il tavolo e vedo sopra un pezzo di formaggio, ne' grande ne' piccolo. Senza pensarci lo prendo e me lo mangio. Era l'ultimo. Ho ancora il formaggio in bocca quando mio marito, sempre con la solita flemma e humor inglese, mi dice "Ti sei mai chiesta a chi e' dedicato il Leerdammer formato famiglia"?

Alle volte penso che mi prenda per il culo ...

martedì 20 ottobre 2009

Chi cazzo me lo ha fatto fare

Di comprare uno scooter che non riesco a guidare
Di comprare una casa a pianta triangolare
Di comprare i Jeans stretti intanto prima o poi cedono
Di comprare la cyclette
Di leggere il mio oroscopo stamattina tanto saturno e' sempre contro
Di dire al mio capo che non sono motivata
Di contendermi con il cane l'ultimo pezzo di formaggio, intanto vince sempre e comunque lui.
Di preprare ogni settimana due lezioni per il corso di inglese quando ne e' sufficiente una.
Di venire a lavorare oggi quando ho 49 giorni di ferie da smaltire entro l'anno

domenica 11 ottobre 2009

La ruga


In questo periodo di escort e di veline mi viene naturale riflettere su come sono diventate, o meglio come vengono rappresentate oggi le donne. Le donne emancipate oggi devono proporsi come oggetto di desiderio sessuale anche quando sono interpellate per la loro professionalità. Rosy Bindi è stata definita più bella che intelligente e questo la dice lunga.

Siamo in un mondo un cui l'apparire è diventato di gran lunga più importante dell'essere, in cui dobbiamo nascondere la ruga, vergognarci per il passaggio del tempo sul nostro viso.
Come dice Lorella Zanardo in un suo bellissimo cortometraggio, il volto è espressione, qualcosa di asimmetrico e impuro, di individuale e diverso dal tipico. Invece in televisione vediamo solo volti gonfiati che hanno perso la loro unicità. Bocche, seni, nasi e culi tutti uguali. Esaltazione portata all'eccesso di quella che viene considerata femminilità, desiderabilità semplicemente come pura allusione sessuale.

Il nostro volto racconta il nostro vissuto, i nostri dolori, le nostre scelte, i figli che abbiamo avuto e quelli che non abbiamo avuto, le nostre amicizie, i nostri amori, i sogni realizzati e quelli inespressi.

Ogni segno sulla nostra faccia è un momento in cui abbiamo riso o abbiamo pianto.
Ogni segno fa parte della nostra storia.

Però un bel culo sodo tipo noce di cocco non mi dispiacerebbe ...

mercoledì 7 ottobre 2009

Presa di coscienza

Oggi, per la prima volta in quindici anni, ho pensato seriamente di lasciare il mio lavoro. Stamattina, ero in ferie, alle 9 mi ha chiamata il mio capo, insieme ad altri colleghi per dirci che ieri avevano deciso di chiudere il progetto su cui sto lavorando e sputando sangue da due anni. Mi sento presa per il culo. Ho trascurato la mia vita privata, la mia famiglia, la casa che stiamo costruendo. Ho saltato le ferie con mio marito, ho passato dodici ore al giorno in ufficio per mesi, spesso mangiando panini per non perdere tempo. Mi sono portata il lavoro a casa, ho faticato ad addormentarmi e soprattutto mi sono sentita in colpa perché mi sembrava di non riuscire a fare abbastanza. Due anni di lavoro buttati nel cesso e proprio a un soffio dal traguardo. La cosa triste è che non riesco nemmeno ad incazzarmi, che non so con chi incazzarmi perché non sono ancora riuscita a capire e forse non capirò mai le logiche di questa azienda. E ora che succederà? Forse starò mesi senza fare nulla, oppure finirò su un progetto super urgente che tra qualche mese chiuderà, oppure diranno che il laboratorio di Pisa non serve più a nulla o ancora che Laura Spinella non serve più a nulla e mi inviteranno gentilmente a levarmi dai coglioni. Non lo so. Non la sa nessuno. Sono convintissima della buona fede delle persone con cui ho a che fare ma questo mi preoccupa ancora di più perché nessuno sa cosa può succedere tra due mesi. Sono tutti burattini con i loro fogli excell da compilare, le scadenze da far rispettare e che cercano di dare un aspetto umano a qualcosa che non ce l’ha, ma nessuno che tira fuori i coglioni. Nessuno.
E il bello è che tra un paio di mesi mi verrà dato il questionario per sapere quanto sono orgogliosa di lavorare qui dentro.

Il vostro “motto aziendale”, le tre “parole chiave” che ci inculcano ad ogni riunione sono “professionalism”, “respect”e “perseverance”.

Il mio è andatevene affanculo